Un episodio con Eddy Merckx al Giro d’Italia 1969; 28 maggio, tappa Scanno – Silvi Marina, km 180
“Io me la ricordo quella mattina quando siamo andati a messa a Parma, dopo che Merckx si era aggiudicato la tappa a cronometro di quel Giro d’Italia del 1969. Il Vescovo aveva invitato tutta la carovana ad andare a ricevere la benedizione. Ecco, mentre lui ci benediceva, qualcuno metteva un intruglio nella borraccia di Eddy Merckx, che aveva lasciato la bicicletta davanti alla chiesa. Lo vedo ancora davanti a me, mentre è in ginocchio davanti all’altare e magari – perché no? – sta pregando affinché non gli capiti alcuna disgrazia e tutto possa andare bene. Esce fuori, riprende la bicicletta, s’incammina verso la tappa, si mangia il panino, mette la bocca alla borraccia per dissetarsi.
Patatrac!
Eddy Merckx trovato positivo all’antidoping. Al 72%. Roba da uccidere un elefante! Eravamo in albergo. La notizia si diffuse tra tutti noi, sorprendendoci. Le regole prevedevano l’esclusione dal Giro.
Andai a bussare alla porta della sua stanza. Con me c’erano Franchini e Sergio Neri. Merckx piangeva come un ragazzino.
Vedere piangere Eddy Merckx, “il cannibale”, vederlo cacciato via e spedito a casa per un illecito non commesso da lui, ma da altri, da quei sicari che avevano minato la sua borraccia, mi ha sconvolto. Perché lui non lo meritava!
E poi era mio amico. Uno dei pochi tra i ciclisti.
Pochi giorni prima, nella tappa di Silvi Marina, Merckx era maglia rosa.
A cinque km dall’arrivo, feci l’ultimo attacco, con la speranza di scrollarmi di dosso i velocisti che erano nel mio gruppetto in fuga e vincere quella tappa. Mi vennero dietro Colombo e Schiavon. Schiavon era secondo in classifica, a undici secondi da Merckx che, pur di farmi vincere, non collaborò con il gruppo che ci inseguiva. Si diceva che fosse un cannibale: io posso testimoniare che non lo era e aveva anzi un suo lato molto umano. Vedendo il grande tifo che mi accompagnava sulla Maielletta e lungo tutta quella tappa abruzzese, aveva sperato che io vincessi la tappa. Invece Colombo mi batté in fotografia.
All’arrivo Merckx mi mise la mano sulla spalla.
“Ce l’hai fatta?”
“Forse mi ha battuto in fotografia Colombo”
Quel giorno Merckx bestemmiò in fiammingo: aveva perso la maglia rosa nella speranza che io vincessi la tappa.
E invece io non ce l’ho fatta.
Mi dispiace che Merckx non fosse italiano: per me lui è stato superiore persino a Coppi. Fausto Coppi era il corridore del ko, Eddy Merckx il demolitore. Coppi impostava la vittoria al Giro d’Italia in uno o due tapponi in cui prendeva dieci minuti di vantaggio e metteva fine ai giochi. Merckx guadagnava trenta secondi oggi, quaranta domani, venti dopodomani e così via. E demoliva gli avversari. Così ha vinto cinque Giri d’Italia, cinque Tour de France, tre campionati del mondo, cinquecentosettanta corse.” Vito Taccone
ricerca storica a cura di Paolo Fumò e Domenico Bartolomucci
brano tratto da Il camoscio e il borraccino di G. Arcopinto e E. Pandimiglio, edizioni Lìmina
in collaborazione con il Corriere dello Sport